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Trekking nella storia

Storie di carta

Viaggio nelle antiche cartiere di Genova che producevano la carta per i reali di Spagna e Inghilterra.

Viaggio nelle antiche cartiere di Genova che producevano la carta per i reali di Spagna e Inghilterra. Oggi quasi tutte abbandonate.

Le nostre città sono fatte di stratificazioni di storie, spesso legate alla morfologia del territorio, ancora rintracciabili nei manufatti che alcuni uomini hanno lasciato dietro di sé.

Arrivare a Biscaccia, frazione qualche chilometro sopra Voltri, vuol dire fare un viaggio nel tempo, quando le valli dei torrenti Leira, Cerusa e Acquasanta erano il luogo dove si realizzava una fra le carte più pregiate d’Europa, esportata in tutto il Mediterraneo grazie al facile accesso al porto di Voltri. Queste preziose filigrane venivano recapitate alle Corti di Inghilterra e Spagna, non stupisce quindi che nel 1770 le cartiere censite nelle tre vallate fossero oltre il centinaio. Oggi quelle ancora attive si contano sulle dita di una mano.

Cartiera abbandonata – Foto Ugo Roffi

Secondo alcuni atti notarili del 1424 è Grazioso di Damiano da Fabriano ad insegnare l’arte della lavorazione della carta nella zona. D’altronde la morfologia del territorio ricco di acqua in tutte le stagioni dell’anno e la posizione privilegiata, che da una parte vede lo sbocco al mare mentre dall’altra il passaggio verso il basso Piemonte, sono stati un ulteriore elemento che ha fatto sviluppare nei secoli la produzione della carta.

Foto Ugo Roffi

Il lavoro nella cartiera era svolto prevalentemente dal nucleo famigliare. L’edificio, era contemporaneamente luogo di lavoro e di riposo: suddiviso in più piani dove venivano svolte le diverse fasi delle lavorazione. La carta veniva lavorata al piano terra dove si trovavano delle vasche per i immergere i tessuti: questi erano  prima sminuzzati e lasciati marcire e resi poltiglia con l’utilizzo di punte di ferro o mazze azionate meccanicamente dall’acqua che muoveva all’esterno dell’edificio delle ruote. Dopo alcune lavorazioni l’impasto veniva messo in forme e lasciato sgocciolare e successivamente pressata e tagliata secondo il formato richiesto. Ancora umida la carta veniva portata all’ultimo piano in locali appositi, schermati da persiane orientabili in legno (rubatte) che permettevano una perfetta areazione della stanza e dove asciugandosi completava il processo. Ancora adesso se si guarda con attenzione è possibile vedere molti edifici che ancora mantengono le antiche persiane in legno, sempre all’ultimo piano.

Dettaglio finestra con le persiane per fare asciugare la carta – Foto Ugo Roffi

Nei primi anni del XIX secolo la concorrenza di altri paesi sancisce progressivamente la fine della produzione e inizia così il declino delle cartiere di Voltri; ad oggi delle oltre 100 cartiere restano aperte Barbarossa e San Giorgio nella Valle del Cerusa, mentre la ex cartiera Sbaraglia è ora la sede del Museo della Carta all’Acquasanta.

Tra le varie difficoltà va considerata la poca l’accessibilità di alcune strade. Praticamente tutte le cartiere dell’alta valle Leira sono chiuse oggi. L’ultima, Casalino, ha cessato l’attività cinque anni fa, quando hanno spostato la produzione a Predosa in Piemonte. La tipografia Gugliotta, ad esempio, è un complesso grande e imponente con una parte antica (probabilmente di oltre due secoli fa) che potrebbe essere restaurato e riconvertito in appartamenti, come in molti altri casi è stato fatto. Da vent’anni la famiglia Gugliotta ci prova, senza esito, per il momento.

Ci sono poi le cartiere della famiglia Caviglia (ne possedevano ben tre) queste seppur per la gran parte in stato di abbandono sono in alcune zone ancora abitate. E poi c’è la Arado, enorme edificio suddiviso in due parti, la cartiera vera e propria chiusa da oltre vent’anni era utilizzata fino a pochi anni fa dal quotidiano genovese Il Secolo XIX come deposito per vecchi computer e materiale vario, mentre la parte restaurata è suddivisa in appartamenti.

La cartiera utilizzata ancora qualche anno fa da Il Secolo XIX – Foto Ugo Roffi

Anche la Piccardo è abbandonata da oltre trent’anni, meno affascinante a livello architettonico forse anche perché abusiva. Qui ci lavoravano sette persone, racconta un vicino che per un breve tratto ci accompagna, poi hanno chiuso ma il suo rudere è rimasto. L’ultima quasi in cima alla valle è Calcagno, inattiva dagli anni ottanta, ma riconvertita in appartamenti dove attualmente vive ancora la stessa famiglia. Delle tre valli le più interessanti da visitare sono quelle dei torrenti Leira (le cartiere che si incontrano sono almeno nove) e dell’Acquasanta; in quest’ultima si trova anche il Museo della Carta, dove sono raccolti molti degli attrezzi originali e si può ripercorrere tutto il processo per la realizzazione della carta. Più stretta e tortuosa è invece la valle del Cerusa, la parte bassa ha diversi insediamenti industriali, molti edifici abbandonati, alcuni riconvertiti in abitazioni per poi chiudersi qualche chilometro più in su. Qui si trovano ancora due cartiere in attività: le cartiere Barbarossa e San Giorgio. 

Sono tante le storie che questi edifici nascondono tra le loro mura, un passato laborioso che ha contribuito a rendere Genova parte della storia del mondo. Nel tempo molti di questi edifici sono diventate abitazioni, lungo la strada è facile riconoscerli, altri giacciono invece abbandonati anche se decisamente ricchi del fascino di quell’archeologia industriale che ha caratterizzato i due secoli scorsi. 

L’articolo uscì nel 2018 su Popoffquotidiano

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